Lettera a mio Nonno
Oggi voglio scendere, voglio andare verso casa e soprattutto vado a salutare mio nonno. Da quando mia nonna non c’è più non è la stessa cosa é un po’ giù di morale.
Parto da Bologna con direzione Irpinia percorro la schiena dell’Italia, l’Adriatica, dopo la lunga e noiosa pianura pugliese mi addentro tra curve, salite e discese nelle colline selvagge della mia terra.
Arrivo in mezzo a una campagna, sento già il profumo del rosmarino davanti casa di mio nonno, parcheggio la macchina tra una catasta di legna e un vecchio camino, questa volta mi guardo intorno con più consapevolezza, vedo le due sedie di plastica scolorite dal sole, di fianco a una finestra c’è una corona di peperoni, sotto il cornicione di una baracca ci sono zucche e spighe appese con un filo, mi avvicino verso l’ingresso, situato in mezzo ad un trionfo di gerani. La porta centrale ha le chiavi vicino, do una mandata ed entro, di fronte a me il divano con un paio di cuscini rossi e un telo ricamato a fiori, sopra il divano una foto di famiglia, un calendario di Padre Pio e un rosario appeso ad un chiodo. Mi giro a guardare verso la finestra è lì la poltrona di mio nonno, ma era vuota, c’era solo la sua coperta a quadri blu. Alle spalle della poltrona c’è il camino, sempre acceso, non ha mai smesso di ardere la legna e sulla parete la medaglia della Seconda guerra mondiale. Sul tavolo un cesto con le fave secche, le sue caramelle.
Allora mi sposto verso la camera da letto, la porta è chiusa, busso e apro. Vedo il letto e un mucchio di coperte colorate e in mezzo c’è mio nonno, mi guarda e accenna un occhiolino, mi volto indietro vado verso la cucina.
Mi siedo sul divano in mezzo a quei due cuscini rossi e in quel preciso istante il mio sguardo si ferma fisso su quella fiamma nel camino, quei movimenti sinuosi e ipnotici di quella fiamma mi fanno svegliare da un sogno.
I nonni sono un dono prezioso, mio nonno è stato sempre un uomo di poche parole, ma quando diceva o faceva qualcosa ti rimaneva impressa. I suoi racconti mi mancheranno tanto, ha vissuto la sofferenza e ha visto il mondo cambiare, dalla seconda guerra mondiale ai selfie con me. Ha avuto qualcosa di speciale , trasmetteva genuinità e valori, forse un pezzo di passato o forse un epoca che è costretta a finire.
È cosi decido di uscire. Vado verso quel cespuglio di rosmarino ne spezzo un po’, salgo in macchina e torno a casa. E così ogni volta che sento l’odore intenso e legnoso del rosmarino ripenso a Mio Nonno.